Sono donne diafane ritratte in luoghi senza tempo, come i loro corpi delicati, quelle loro nudità virginali, quelle vesti che pensiamo leggere e avvolgono figure tanto amate da Salvatore Montemagno che ci regala la pura contemplazione di una femminilità che credevamo perduta.
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Corpi di donne fotografate in una natura amica o ritratte in stanze illuminate da una luce che si posa leggera; accarezzando quei corpi li avviluppa in un’Aura che l’inizio del vespro, annunciante la notte, rende visibile trasfigurando l’apparente conosciuto in uno sconosciuto incantamento.
La donna, il suo corpo, le sue movenze, i sorrisi, gli sguardi ma anche i pensieri e le vite di ognuna di loro, che trascorrono una vita racchiusa in immagini difficili da dimenticare, sono al centro dell’attenzione di Salvatore che in tutti i suoi progetti decanta, con pudicizia, la femminilità in un continuo equilibrio tra sensualità, discrezione e una timidezza di antica memoria.
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Nella serie Fine Art ritroviamo un’Ophelia adagiata, anche lei come le ninfee che la circondano, in una calma e silente acqua, come specchio di quell’altra famosa Ophelia dipinta da John Everett Millais. Ci incamminiamo in quell’atmosfera crepuscolare fatta di sogni, nostalgie, rimpianti e abbandono come se il corpo venisse risucchiato dentro quell’acqua riflettente e abbandonasse per sempre l’umano vivere.
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La donna dormiente in Lux et Nihilum, assopita in un paesaggio che pare dipinto da John Constable, richiama la nostalgia di una natura romantica e vellutata; quel drappo rosso che la ricopre nasconde un corpo arrendevole, sognante in un ideale connubio tra la sua fisicità e il paesaggio tutt’intorno.
“La fotografia per me è esteriorizzazione di immagini interiori. Non ho la pretesa, né l’intenzione, ne tantomeno la voglia di documentare la realtà. La realtà amo interpretarla… o meglio… mi piace dare “la mia versione dei fatti”… cercando di esprimerlo artisticamente… e sperando di riuscirci.”
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Ne L’età dell’incertezza, in un silenzio ovattato di pensieri, seguiamo una luce che illumina una favola e una giovane donna che pare una bambina d’altri tempi. Un corpo adolescenziale coperto da un vestitino che lascia intravedere la magrezza di una figura nel fiore degli anni, ma uno sguardo da adulta si perde nel vuoto delle stanze. In attesa di risolvere le irrequietudini del futuro, il suo vagare in camere che il tempo ha reso consunte diviene un cammino di consapevolezza e quei muri scrostati, la piccola finestra che dà sul mondo là fuori difficile da affrontare, è l’unica quotidianità possibile per l’età dell’incertezza.
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Ne La casa vuota la surrealtà di una realtà pensata e realizzata. Chiudersi in un armadio, annullarsi e diventare un corpo da nascondere, vivere accanto a grucce di legno e un cellofan che non ricopre più nulla. L’armadio come luogo dove celare segreti, l’armadio per tornare a giocare, come quando si è bambini e ci si nascondeva per favoleggiare storie che nessuno ci raccontava ma noi volevamo sentire.
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Si vaga in spazi abbandonati dove sempre la luce morbida accentua rimembranze di luoghi vissuti e lasciati, valigie polverose come a volte sono i ricordi, valigie per partire. Chiudersi dentro, rannicchiarci in quello spazio minimo e viaggiare con il pensiero. Un corpo illuminato da un sole che filtra tra persiane, raggi tagliuzzati che irradiano una lei che ci guarda sfidandoci a credere in quel suo viaggio. Noi ci crediamo e partiamo con lei.
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In Suspended lives non succede nulla, aria rarefatta, uomini e donne come manichini attendono il responso di un futuro incerto. Sono immagini raggelanti perché il mondo intero le ha vissute. Immortalati con la mascherina in quello spaventevole periodo del Covid che ha influenzato tutto il mondo di paure che pensavamo futuribili. Qui la luce e gli interni sono vissuti come una suggestiva, surreale rappresentazione dove umani, in un isolamento forzato dietro a vetri che li proteggono dal mondo esterno, guardano allibiti quel mondo ostile e ansiogeno. Rimangono sospesi in attesa di una risoluzione che li faccia sopravvivere per riprendersi la perduta libertà. Allegorie di vite in bilico rinchiuse nello spazio ristretto di cellule abitative, case rifugio come tane. Le immagini dell’artista ci riportano ad altre immagini di interni inquietanti nell’attesa di eventi forse catastrofici? Come non pensare alle fotografie di interni del grande fotografo Gregory Crewdson che, come qui, rende i luoghi protagonisti alla pari dei soggetti umani?
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Salvatore Montemagno, nato a Gela ma che da tempo vive a Montichiari, da più di trenta anni si è appassionato alla fotografia e, ricordando ancora la sua prima foto scattata con la reflex Cosina CT1 che gli aveva prestato un collega di lavoro, stabilisce da quel momento il punto zero di quell’amore incondizionato che non l’ha più lasciato.
Poi ci sono stati gli anni di studio e approfondimento e l’incontro con la fotografia digitale e la post produzione gli hanno aperto le porte ad un mondo che Salvatore definisce “Nuovo e meraviglioso”.
Da qualche anno ha iniziato a partecipare con successo a concorsi fotografici nazionali e internazionali; segnaliamo i recentissimi prestigiosi premi al Concorso ImagOrbetello “Primo Classificato Categoria Ritratto” e il “Portrait Awards – 2nd Place Winner” di Dohdo Magazine con la serie “L’età dell’incertezza”; nel 2023, tra altri premi, vincitore di “Remarkable Rewards” a Urban Photo Awards. Molte le mostre personali e collettive, tra le altre nel 2023 la personale presso la Galleria Civica di Montichiari “Silenzi – Tra la quiete e l’inquietudine” e le collettive “Imagenation Paris” International Photo Exibithion e “Imagenation Milan” International Photo Exibithion